Intervento di Marco Trevisan

La mia testimonianza è riferita al cambiamento e ad un punto di svolta che hanno riguardato la mia vita e che a volte l’arte può innescare. Mi occupo di arte da circa 25 anni, ma non è stato un inizio folgorante, di quelli che ti illuminano fin da quando sei piccolo.
A 19 anni mi sono iscritto a Economia a Venezia e non avevo ancora ben chiaro cosa fare da grande. Poi un giorno entrai a visitare la Collezione Peggy Guggenheim, a Venezia appunto.  E qualcosa successe. Non la voglio mettere sul piano intellettuale, ma piuttosto delle sensazioni, dell’istinto. Mi sono sentito in un posto accogliente, che mi parlava.
E per qualche motivo pensai: “un giorno voglio lavorare in un posto così”; 10 anni più tardi sarei andato a lavorare proprio lì, in quella che era la casa di una delle collezioniste più importanti del XX secolo, Peggy Guggenheim.
Ed è un posto, per quei pochi che non ci sono mai stati, che parla di arte, illuminazioni, trasgressioni, bellezza e particolarità. Lo stesso palazzo – Palazzo Venier dei Leoni –  è atipico, con un terrazzo ampio sul Canal Grande, e non tutti sanno che ciò nasce dal fatto che l’originario progetto del 18mo secolo  prevedeva più piani, ma pare a causa di ristrettezze economiche sopraggiunte della famiglia Venier, la costruzione si fermò ad un piano lasciando un ampissimo roof terrace, molto suggestivo.   

Ma non solo il palazzo mi “parlò”; venni anche “folgorato” da più di un’opera. Tra queste senz’altro “L’impero delle luci” di Magritte. Un’opera celeberrima ed un tema ripetuto più volte dal 1949 da René Magritte: una al Guggenheim di Venezia del ’54. E la prima del ’49 è andata in asta da Christie’s nel 2017 realizzando 20 milioni di dollari – ma quello di Venezia avrebbe senz’altro più valore.

La rappresentazione è semplice: una casa immersa nel buio, illuminata solo da un piccolo lampione, e sullo sfondo un cielo azzurro cosparso di nuvole bianche. Ma è un’opera che spiazza perché lavora sul contrasto, sull’ossimoro apparentemente non reale. La notte e il giorno, il buio e la luce,  contemporaneamente presenti. 

Disse lo stesso Magritte:

«Ho avuto l’idea della notte e del giorno che esistono insieme, come fossero una sola cosa. E’ ragionevole: nel mondo il giorno e la notte esistono nello stesso tempo. Proprio come la tristezza esiste sempre in alcune persone e allo stesso tempo la felicità esiste in altre».

Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza poesia. L’effetto che si crea è quello di inquietudine e spaesamento.  Questa Inquietudine nasce dalla contraddizione tra tutto ciò che conosciamo e di cui siamo certi e ciò che sembra mettere in dubbio le nostre certezze. Improvvisamente. E qui il collegamento con il presente e i fatti di cronaca mi sembra evidente. L’opera sembra dire: la natura dell’uomo è fatta per non avere certezza, l’angoscia ed il timore di qualcosa di imminente ci accompagnano, ma sta anche a noi accettare questo stato e accettandolo si può affrontare non dico con più serenità, ma con più ‘consapevolezza e centratura’ la realtà, come direbbero le discipline orientali. ”

Biografia

MARCO TREVISAN | Direttore della Fondazione Alberto Peruzzo,  ex Direttore Generale di Christie’s Italia, si occupa di arte e collezionismo da più di vent’anni. È stato responsabile relazioni corporate per la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, responsabile comunicazione e PR per gli Usa da New York per FMR Art’é, direttore di Affordable Art Fair Italia (dopo aver portato il progetto in Italia), ed ha collaborato tra gli altri con IED, Contrasto, IlSole24Ore.

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