A Firenze, in un ex convento una collezione del XX secolo e un “duello” con gli artisti contemporanei

La sede è quella dell’antico Spedale delle Leopoldine in Piazza Santa Maria Novella a Firenze. Si tratta di un antico complesso conventuale fiorentino sorto alle origini del XIII secolo sulla sede di una preesistente chiesa del IV secolo e fu conosciuto anche come Spedale di San Paolo dei Convalescenti. Fu inizialmente un ospizio per pellegrini, divenuto nel 1345 anche un ospedale. Nel 1780, l’ospedale fu chiuso definitivamente e divenne sede di una delle quattro Scuole Leopoldine di Firenze volute dal Granduca per estendere l’istruzione delle giovani fiorentine.

Alla fine del XX secolo il Comune decise di riqualificare il complesso per fini culturali iniziando dal restauro del loggiato e proseguendo a successivi lotti. Il primo lotto fu terminato nel 2006 con l’apertura del Museo Alinari, e l’ultimo alla sistemazione del Museo Novecento aperto nel 2014. Oggi il Museo Novecento è dedicato all’arte italiana del XX secolo e propone una selezione di circa 300 opere distribuite in 15 ambienti.
Tra gli altri, sono rappresentati De Pisis, Depero, Casorati, Morandi, Severini, Vedova. Ma dall’arrivo nel 2018 del nuovo direttore, Sergio Risaliti, ha subito una grande trasformazione, aprendosi molto di più al XXI secolo.

Una delle novità principali è l’intensa attività espositiva che si apre al contemporaneo per far riscoprire la collezione permanente. Con il ciclo DUEL che rimanda al duello dialettico tra artisti contemporanei e il patrimonio civico museale. Duel coinvolge curatori ospiti a collaborare con artisti attivi sulla scena internazionale per scegliere un’opera del museo e dialogare con essa. Nel 2019 Goldschmied & Chiari hanno sviluppato un intervento sull’idea del “doppio”, scegliendo il dipinto Demolizioni (1937) di Mario Mafai. Davide Balliano, sempre nel 2019, ha scelto la scultura Susanna di Arturo Martini per costruire un suo intervento sul tema dell’attesa (con pitture, sculture e fotografie). In corso vi è la mostra ‘Routes’ di Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984) che ha scelto tre opere della collezione (Guttuso, Sironi, Prampolini) che si struttura come un immaginario viaggio che dalla Sicilia attraversa l’Italia e conduce in Islanda e poi in Cina, suggerendo diverse possibili traiettorie.

Un altro formato espositivo originale lanciato da Risaliti è THE WALL che si presenta sotto la forma dell’elaborazione visiva tipica dell’infografica su una parete lunga 12 metri.  Questo ciclo racconta ciclicamente argomenti insoliti ed eccentrici con parole e immagini facilmente comprensibili e proponendo sempre nuove ipotesi di lettura ai visitatori del museo. Sempre su una parete lunga 12 metri si esprime OFF che intende allargare il discorso dell’arte alla partecipazione sociale per contribuire alla costruzione di un nuovo umanesimo, un progetto di arte pubblica che dal museo entra e invade la città in un gioco di rimandi, di andate e ritorni. La parete, dipinta con i colori della bandiera italiana, ospita periodicamente un’opera che si sintonizza sulle urgenze e sulle emergenze del nostro tempo. Dal 13 giugno, ‘Ho Fame’ di Paolo Canevari, si confronta con la realtà senza esserne un semplice commento. L’opera esposta viene riprodotta in contemporanea sulle pagine dei quotidiani locali oppure su manifesti di diverso formato nelle strade delle città. ‘Ho fame’ ha origine dai cartelli che affiancano tanti homeless per la strada: la scritta Ho fame tracciata in bianco, risplende sul parabrezza di una Rolls Royce nera. Si assiste a un evidente conflitto tra quel simbolo di ricchezza, la vettura, e la frase, un grido di povertà estrema, tra le parole e le forme. Ciò è particolarmente urgente per l’artista in un contesto di emergenza per gli artisti creato dalla crisi dovuta al covid19.
Tra le mostre proposte nella primavera 2020, il Museo del Novecento dedica  una monografica ad Allan Kaprow, famoso per essere stato il padre degli Environments e degli Happenings, e che ha posto le basi per una nuova concezione dell’opera d’arte, intrecciando arte e vita, e promuovendo un’idea di arte concettuale, utopica, spontanea.

La capacità di mettere a confronto l’arte del XX secolo, parte di una collezione permanente, con ciò che il contemporaneo esprime, sarà anche uno degli obiettivi della Chiesa di Sant’Agnese, una volta riaperta al pubblico. La chiesa è ancora in fase di restauro e la sua valorizzazione è parte del progetto della Fondazione Alberto Peruzzo.