Un villaggio degli anni ’50 e una chiesa tra le dolomiti come simbolo di rinascita sociale e artistica

È stato richiesto il rinvio dei Mondiali di Sci di Cortina, dal 2021 al 2022. La stessa Cortina ospiterà le Olimpiadi Invernali del 2026.
In questi luoghi ci sono alcuni progetti culturali degni di nota, che intendono sfruttare tali contesti per creare un circolo virtuoso di creazione di valore e di visibilità.
Tra questi vi vogliamo parlare dell’ex Villaggio ENI di Borca di Cadore e di una chiesa inserita nel complesso che dovrebbe diventare il perno ed il simbolo di un’opportunità di riutilizzo che è già stata avviata nelle sue linee principali.
Dolomiti Contemporanee, infatti, è un progetto culturale che dal 2011 mira alla valorizzazione di siti dall’elevato potenziale all’interno dell’area Dolomiti UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Progettoborca, iniziativa di rigenerazione attiva dal 2014, è un progetto articolato, che mira alla riqualificazione dell’ex Villaggio ENI a Borca di Cadore, con l’obiettivo di rifunzionalizzare alcune sue parti.

L’ex Villaggio ENI è il risultato di una visione ambiziosa di Enrico Mattei, realizzato tra gli anni ’50 e ’60 dall’architetto Edoardo Gellner, con la collaborazione di Carlo Scarpa, ed aveva la funzione di colonia per i dipendenti ENI. Il patrimonio principale di ogni azienda, sosteneva Mattei, sono i propri dipendenti, i quali devono essere posti al centro.
Da qui la realizzazione di case per il personale vicino ai complessi industriali di proprietà dell’azienda e la realizzazione di villaggi per le vacanze e il tempo libero per i figli e per le famiglie.
L’area del villaggio era di circa 200 ettari per una previsione di 600 bambini ospitati e 263 villette. Il sito ha suscitato da sempre grande interesse dal mondo dell’architettura e della sociologia, ma non solo. La storia della chiesa di Nostra Signora del Cadore, situata all’interno del villaggio, è una storia ricca di aneddoti.
Mattei era uomo di fede e vedeva nella chiesa il centro attorno al quale si sarebbe radunata la popolazione del villaggio. Da questa idea, pian piano il ruolo della chiesa crebbe sempre più diventando dopo la sua realizzazione il cuore di tutto il villaggio, dal punto di vista urbanistico, architettonico, ma anche simbolico.

Quando nel 1956 Gellner chiese a Carlo Scarpa di collaborare al progetto della chiesa del villaggio, il complesso era già in avanzata fase di progettazione, così come la realizzazione di molte casette, ed il progetto chiesa era già stato definito.
Certo, convincere il già affermato Scarpa a collaborare ad un progetto già definito nelle sue linee principali non fu probabilmente facile, così come cercare di far coesistere le convinzioni del maestro con il luogo inedito: il bosco e la montagna.Ma il risultato dimostrò una sintesi perfetta delle due capacità messe a confronto.
La chiesa ha una caratteristica forma, con un grande spazio unico definito da colonne che sorreggono coppie di costoloni su cui sono poggiate le due grandi falde del tetto, inclinate a 60°. Le forme organiche e angolate creano un profondo legame dell’architettura con la montagna, mentre la guglia – alta ben 55 metri –  consente all’edificio di assumere una valenza paesaggistica nell’ambiente circostante caratterizzato dalla profonda vallata e dalla cima dell’Antelao.
La scomparsa di Mattei, nel 1962, ridusse la spinta necessaria alla realizzazione di questo esperimento d’utopia sociale in ambiente, che fu dunque completata solo in parte, rispetto al progetto iniziale. Ma si tratta ancora oggi di un sito eccezionale ed unico in Italia, nel quale il rapporto tra gli aspetti forti di paesaggio e ambiente naturale si fondono in modo eccellente con le architetture organiche. Uno dei temi della manutenzione e della valorizzazione ha a che fare con la gestione del bosco, che tende a divorare le costruzioni. L’altro con il ridare importanza al tutto.

Un esempio del progetto di riqualificazione del villaggio, con il Progettoborca, è legato ad una iniziativa di residenza artistica internazionale, già attivata.
Gli artisti sono chiamati a vivere e lavorare in questi luoghi, chiesa compresa, per poi lasciare un’impronta del loro operato, sempre in un’ottica di condivisione e collaborazione e secondo lo spirito del fondatore.
Dolomiti Contemporanee ha pensato a un programma a medio-lungo termine per l’area, di «rifunzionalizzazione che non si limiti a generare un impulso al riavviamento, ma si impegni invece nella ridefinizione culturale ed identitaria di questi beni sopiti, dei quali si intende riabilitare appieno il potenziale, in modo innovativo, ma in coerenza con la loro significativa storia pregressa».

Come a dire, non ci sono solo un luogo architettonico e una chiesa da rivalutare, ma anche dei valori sociali e legati all’innovazione.