Intervento di Sabrina Donadel

La mia prima volta davanti ad un’opera d’arte è stata anche la mia prima volta di Giovanni Battista Cima, detto Cima da Conegliano. Ero in quinta elementare, dal piccolo paese di Pieve di Soligo dove vivevo, la maestra ci portò in gita al Duomo di Conegliano, distante pochi chilometri, dove cominciò a raccontarci la storia di quello che è stato uno dei maggiori esponenti della scuola veneta del XV secolo.
Il ricordo della bambina di dieci anni davanti alla Madonna in trono col Bambino fra angeli e santi – olio su tavola trasportato su tela, datato 1492 – è nitido. Fui rapita dallo sguardo della Madonna, dai colori, dalle pieghe delle vesti, dalla concretezza dei dettagli. Lo stupore fu tale che da lì in poi mi appassionai alla pittura del Rinascimento e chiesi in dono dei libri sui quali poterla ammirare.
Giovanni Battista Cima nacque a pochi passi dal Duomo e quando passammo davanti alla sua casa, oggi casa museo, la maestra ci emozionò raccontandoci che, dopo essersi trasferito a Venezia, veniva a passare le estati sui nostri colli. Il grande pittore viene ritenuto uno dei geni della storia dell’arte e le sue opere sono custodite nelle maggiori gallerie del mondo.

La mia prima volta davanti ad una scultura è stata anche la mia prima volta di Antonio Canova. Avevo dodici anni e il professore di storia dell’arte della scuola media che frequentavo ci portò in gita a Possagno, a pochi chilometri da casa, in visita alla Gypsotheca, voluta nel 1834 dal fratellastro dell’artista, che raccoglie i numerosi modelli in gesso, bozzetti in terracotta e marmi del celebre scultore che era nato nella casa accanto e dove tornava spesso dai suoi viaggi per trovare riposo.
La bellezza, la delicatezza, i volti del gesso di Amore e Psiche stanti mi lasciarono senza parole. La storia d’amore tra il dio Eros e la bellissima, ma terrena, Psiche è racchiusa in un battito d’ali. Quella farfalla, simbolo dell’anima che la fanciulla dona al suo amato e quelle mani che, con un gesto fragile, la accarezzano quasi a proteggerne la purezza, rimasero scolpite dentro di me tanto che, quando molti anni dopo ebbi la fortuna di vedere la stessa opera in marmo, fu un’emozione unica non solo per la sensibilità con cui Canova trattava questo materiale ma anche perché mi riportò agli occhi increduli di quella ragazza, poco più che bambina, davanti alla potenza espressiva e senza tempo di un grande artista.
Tale è stata la forza della scintilla scattata in me per le opere scultoree di Antonio Canova che, ogni volta che mi trovo di fronte ad una scultura, il mio sguardo è percorso da un’energia sottile, diversa. E da qui l’amore per il lavoro di un altro grande artista.

La mia prima volta oltreoceano, a New York, è stata anche la mia prima volta di Constantin Brancusi. Quando ho visto La musa addormentata mi sono immobilizzata, rapita dalle forme, dall’energia materica e al tempo stesso spirituale. L’opera in bronzo realizzata dall’artista nel 1910, raffigura un volto di Musa dove le strie dei capelli sono patinate in contrasto con la levigatezza del volto, gli occhi sono chiusi e la bocca è socchiusa in una fessura asimmetrica. La testa reclinata della musa addormentata, con quelle sue forme pulite, essenziali, in un primitivo ideale di bellezza, è stata per me un colpo di fulmine.

«La semplicità non è un obiettivo nell’arte – ha dichiarato Brancusi – ma si raggiunge anche senza volerlo penetrando nel vero senso delle cose».

Ecco, nel rapporto fisico con la scultura, con la materia lavorata e plasmata dall’artista, io mi sento di poter penetrare l’essenza.

Biografia

SABRINA DONADEL | Giornalista e conduttrice televisiva, in onda su Sky Arte con Private Collection, format da lei ideato, prodotto e condotto che racconta il mondo dei collezionisti di arte contemporanea.