Ci sono stati almeno due eventi che hanno segnato qualcosa nel mio percorso professionale e personale. Il primo, nel 2003 durante il Capodanno, mi trovavo a New York, e andando a visitare i grandi musei, il Museum of Modern Art (MoMA), il Whitney Museum e il Guggenheim, dove vidi una bellissima retrospettiva di James Rosenquist (1933-2017), pittore americano considerato uno dei pionieri della Pop Art insieme ad Andy Warhol e Roy Lichtenstein. Fui colpita da queste grandi opere, soprattutto per la loro potenza espressiva, lavori maestosi che non avevo mai visto di persona. Questa grandezza e questa energia, mi hanno veramente toccato.
Nelle sue opere policrome, variegate e vibranti, Rosenquist utilizza immagini e oggetti presi in prestito dalla cultura popolare, dalla vita quotidiana e dai mass media. Trae spunto da libri di fumetti, prodotti di uso comune e soprattutto pubblicità. Ma affronta anche temi socio-politici. La sua ricerca è segnata da un continua sperimentazione tecnica. Come ha affermato in un’intervista nel 2007: «Non sono come Andy Warhol. Lui ha fatto bottiglie di Coca Cola e panni Brillo. Io ho usato immagini generiche senza marchio per fare un nuovo genere di pittura».
In quel periodo, come l’anno precedente, vivevo a Londra. Era il mio periodo di scoperta dell’arte contemporanea, andavo spesso a vedere diversi musei, dove mi piaceva andare da sola, per riflettere e pensare ad altri progetti e stimolare in maniera creativa la nascita di nuove idee e progetti. Mi faceva pensare ad altro questo luogo. Molto spesso i luoghi di cultura sono anche propizi per altre idee, nuove cose da realizzare, stimolano, infatti, la creatività entrando in contatto con essa.
Il secondo evento che ha segnato il mio percorso è accaduto qualche anno dopo in occasione della fiera di MIA Art, dove vidi il Direttore di un museo parlare.Quando lo sentii, dissi dentro di me: “Vorrei lavorare con una persona così e conoscere una realtà come quella in cui lavora”. E così accadde. Poco dopo, mi trasferii a Vienna, andai a lavorare alla Kunsthalle, e lì iniziò il mio percorso di conoscenza e approfondimento dell’arte contemporanea anche a livello professionale. Questo periodo critico di quarantena, non mi è assolutamente nuovo.
Molto spesso, quando ero a Vienna, ero solita stare a casa per tanti giorni a lavorare, a scrivere, a fare ricerca. Ero anche molto sola, ma ciò non mi pesava perché avevo una grande motivazione che derivava dal raggiungere i miei obiettivi ma soprattutto dall’approfondire e studiare qualcosa che mi piaceva. Questo è un messaggio che dobbiamo cogliere oggi: approfittiamo di questo momento di chiusura per approfondire gli artisti, l’arte, altre forme artistiche guardano spettacoli alla TV, film, ascoltando musica, scoprendone di nuova. Sfruttiamo questo momento per essere più a contatto con noi stessi, l’arte ci permette di conoscerci meglio ed è propizia per un dialogo interiore.
Biografia
ALESSIA ZORLONI | E’ docente alla IULM di teorie e forme del mercato dell’arte. Ha svolto attività di consulenza e ricerca sulle tematiche della gestione museale presso società di consulenza e musei, tra cui Boston Consulting Group, Kunsthalle Wien, Tate Gallery, Guggenheim Museum e Smithsonian Institution. Ha pubblicato le sue ricerche su riviste scientifiche ottenendo riconoscimenti internazionali, tra cui la Smithsonian Fellowship in Museum Practice, la Marie Curie Intra-European Fellowship e un grant triennale dall’Austrian Science Fund (FWF). È autrice dei libri Economia e gestione dei musei (Aracne), L’economia dell’arte contemporanea (Franco Angeli) e The Economics of Contemporary Art. Markets, Strategies and Stardom (Springer). A gennaio 2016 pubblicherà con Springer un libro sulla gestione delle collezioni private intitolato Art Wealth Management. Managing of Private Collections.