La prima mostra raccontata da Riccardo Caldura, curatore della mostra e direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia
Riprendendo un’efficace metafora di Kounellis riferita alla sua concezione artistica – “credo che la mia più grande ambizione (per usare un paradosso) sia di diventare un ago per cucire tutto insieme” – anche il compito che ci si è dati per la riapertura della ex-chiesa di Sant’Agnese è stato quello di tenere insieme le varie componenti della storia del luogo e di prospettarne il prossimo futuro legato alle arti contemporanee. Quattro grandi opere del XVII e XVIII secolo, un tempo parte degli arredi della chiesa, tre delle quali legate agli episodi della giovanissima martire cristiana a cui l’edificio era dedicato, sono state ricollocate nello spazio principale.
Esposte temporaneamente, in occasione della riapertura, due grandi lavori di Jannis Kounellis della serie degli “armadi”, presenti in numero nutrito in una delle ultime mostre concepite e realizzate dall’artista nel 2016. I due lavori di Kounellis dialogano con una rilevante opera dello stesso artista acquisita dalla Fondazione Alberto Peruzzo; opera che è chiamata a svolgere la funzione di fulcro espositivo, essendo collocata nell’area dell’ex-abside a indicare il passaggio fra i due ambienti che costituiscono ora lo spazio finalmente restituito alla fruizione pubblica.
Si tratta di un’opera drammatica composta da una trave in legno di quasi 4 metri, sospesa verticalmente su una doppia piastra in acciaio appoggiata su carboni, un sacco di iuta, il cui peso grava su un poggiapiedi, è trafitto da un lungo coltello. L’insieme richiama un tema non certo estraneo alla poetica di Kounellis: quello del martirio. Si genera di fatto una relazione con l’agiografia della martire adolescente, la cui gola venne recisa con un colpo di spada analogamente a come si sacrificavano gli agnelli e con le vicende tragiche di Sant’Eurosia, la pala di Giandomenico Tiepolo non legato alla storia di Agnese.
Nel secondo ambiente dello spazio è esposta una selezione di opere contemporanee di notevole rilievo della collezione Alberto Peruzzo, parte delle quali ascrivibili alla stagione dell’arte segnata dall’Informale, dalla sperimentazione su nuove materie e da nuove prospettive oltre la bidimensionalità. Ad altri autori non riferibili a quel periodo, le cui opere sono relativamente più recenti, è affidata la riconsiderazione della tematica della ritualità e della figura umana sospesa fra dolente interrogazione ed enigmatica presenza così da generare un’ulteriore tessitura di rimandi con le opere esposte nella sala principale.